Tutto ciò che è ragionevole non mi interessa
           
Perdizione e gloria del non-teatro di Franco Cordelli
 
 
   
Il giovane criminale, Jean Genet, 1948. Un chant d'amour, 1950. Soprattutto quest'ultimo. Uomini necessariamente soli. Lì, nel film, scossi dal desiderio dell'altro. Carnalmente molli, duri, eccitati, prostrati. Il meccanismo si ripete, regolarmente. Desiderio, masturbazione, leggerezza. Sesso, Sudore, Sperma. Siamo appena entrati e già voltiamo loro le spalle. Ci interessa lo scarto tra la condizione iniziale e quella finale. Ecco la figura: è lì, isolata. Descriviamola. Scende le scale. Più che scendere, entra. Il pavimento è lurido, ci sono cose che si muovono. Se il corpo cade, cade per linee oblique. Li seguo. La testa rivolta all'indietro, le mani che toccano il terreno. E' interessante osservare come la musica li porti in solitudine verso una esaltazione quasi malata, delirante. Non c'è alcun dubbio riguardo la loro identità. Loro stessi sperimentano, in prima persona, l'allucinazione del desiderio; si strofinano il sesso, materializzano il loro stupro, fanno le prove per un'entrata in scena, con tacchi alti e rose rosse. In un sogno che sfugge loro, ogni notte; ed ogni notte si ricompone. Mentre li guardo, seguendo le loro traiettorie, ritrovo la mia testa piegata , una mano alla caviglia. La caduta procede verso il basso: come fosse una perenne risalita.
Come bambini. Il loro sonno è la preparazione al risveglio. In effetti, se potessimo intenderci, il loro meccanismo è più di tipo digitale, che analogico. La loro forma d'onda più a dente di sega che una sinusoide. Loro così scattano, in sequenza. In questo momento non posso fare a meno di vederli plurali, singoli ma organici. Nel senso di organismo. Quello che conta in effetti ora è la cadenza dei risvegli. Un risveglio ad ogni minuto. Dieci risvegli. Se facciamo un rapido conto arriviamo a dieci minuti per questo sonno. Anche se poi già da tempo si sono rialzati. Lo sforzo è evidente. C'è una tensione continua. Passano da uno stato di quiete ad uno chiaramente isterico. La direzione del moto va verso l'esterno ma il vettore delle forze non li asseconda. Sono sul punto di agire, ma è come se stessero fermi. In agguato. La struttura. Rettangoli paralleli e sovrapposti. All'apparenza innocui. E' la materia a preoccupare. Il metallo nei punti reticolari fa gioco allo sforzo retinico: nel momento in cui la luce diviene radente, la struttura tende verso la figura, accerchiandola.
 
   
           
             
II ragazzo criminale é colui che ha forzato una porta  che conduce a un luogo proibito. Egli vuole che questa porta si apra sul più bel paesaggio del mondo: esige che il carcere che si è guadagnato sia feroce. Che sia degno, insomma, degli sforzi che ha fatto per conquistarlo.”            
             
           
Non volevo istruirti, volevo soltanto infiammarti
 
 
Quei corpi cercano costantemente di dimenticare.
 
 
   
con
Federica Cangini, Caterina Cidda, Eleonora Sedioli, Lorenzo Bazzocchi, Catia Gatelli
 
scene
Eleonora Sedioli, Lorenzo Bazzocchi, Catia Gatelli
 
suoni e luci
Lorenzo Bazzocchi
 
tecnica
Andrea Basti
 
organizzazione e cura
Catia Gatelli
 
ideazione e regia
Lorenzo Bazzocchi
           
 
     
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