HEAD VI arteatro_contaminazioni
di Sara Baranzoni
 
1, 2 giugno 2008 - Un Altro Teatro - Forlì
 
7, 8 settembre 2008 - Short Theatre - Teatro India - Roma
 
19 ottobre 2008 - Crisalide - Ex Filanda - Forlì
 
5 marzo 2009 - Spazio OFF - Trani (Bari) www.fabricafamae.org
 
20, 21, 22 aprile - Teatro San Martino - Bologna www.teatrosanmartino.it
 
con: eleonora Sedioli, Federica Cangini
scene: Lorenzo Bazzocchi, Eleonora Sedioli
elettronica: Matteo Gatti
physical computing, luci, suono: Lorenzo Bazzocchi
ideazione e regia: Lorenzo Bazzocchi
produzione: Associazione culturale Masque, Mood indigo
col contributo di Regione Emilia-Romagna, Provincia di Forlì-Cesena
 
 

Liberamente ispirato a "Francis Bacon. Logica della sensazione" di Gilles Deleuze.
Il saggio del filosofo francese può essere inteso come un vero e proprio breviario per le arti performative.
Deleuze individua tre elementi nella pittura di Bacon:
- le grandi campiture come struttura materiale spazializzante
- la Figura, le Figure e il loro fatto
- il contorno
Il contorno viene inteso come luogo di uno scambio nei due sensi. La figura è a volte seduta sulla sedia, a volte coricata sul letto. Sembra che stia attendendo che qualcosa possa accadere.
Nell'individuare la dinamica del movimento e quindi una ritmica della percezione accettiamo l'ipotesi di Deleuze, ossia: ciò che accade è sul punto di accadere o è già accaduto.
Altro elemento che abbiamo utilizzato nel lavoro con la figura è il cosiddetto coefficiente di deformazione dei corpi e in particolare come suggerisce lo stesso Bacon, quello di allungamento.
Abbiamo seguito l'indicazione che il pittore ritiene necessaria affinché la pittura possa strappare la Figura al figurativo: isolare la figura. Tre sono le opere prese in considerazione: Head VI del 1949, Study for a bullfight N. 1 del 1969, Painting del 1978 e tre gli accadimenti realizzati lavorando su procedimenti di isolamento, attenendoci costantemente ai suggerimenti di Deleuze per la costruzione di dispositivi che non costringano la figura all'immobilità, bensì ne rendano visibile il percorso, in una sorta di esplorazione che vada a definire un campo operativo, in quella operazione liberatoria che egli stesso ha definito come: attenersi al fatto.

La scena prevederà una figura isolata, questo è vero. Una figura che come un lottatore avrà a che fare di volta in volta con dei testimoni, un pianoforte smembrato, la testa di un corpo-maiale, una valigia sanguinante. Ma cosa c’è oltre alla figura sulla scena? Il depotenziamento del luogo deve far posto all’arena: lo spazio scenico che Masque concepisce sarà allora un dispositivo di natura spazializzante, si avvicinerà alla figura cercando di interreagire fisicamente con essa, se ne allontanerà come se diventasse uno strumento prospettico, si dilaterà per permettere l’anamorfosi, si schiaccerà per comprimere. C’è nell’aria già dopo pochi minuti dall’inizio una sensazione quasi tattile; la struttura diviene per lo spettatore lo strumento per toccare con mano la figura. E a proposito della mano; due le questioni: cosa ci dice la mano. Come lavora la mano… se l’unica parvenza organica è una testa-corpo-senza corpo … è pur vero che questa tensione di doppio scambio tra la struttura e la figura, tra la figura e il testimone, sembra comunque definire una sorta di funzionamento. Come non ricorrere qui a Self-portrait del 1973, a quell’uomo con la testa di maiale rispetto al quale la deformazione avviene sul posto. Lo sforzo del corpo si compie su di sé. Deleuze ci aggira, egli stesso fluttuante sul cerchio di un contorno che stabilisce le regole del sopravvire del senso ricordandoci come tutto il corpo sia pervaso da movimento = “movimento deformemente deforme, che ad ogni istante riconduce l’immagine reale sul corpo per costruire la figura …Un quadro ci può fare da guida. Figure standing at a washbasin del 1976: aggrappato all’ovale del lavandino, incollato con le mani ai rubinetti, il corpo-figura si costringe ad un intenso sforzo immobile per poter fuggire, passando tutto intero attraverso il tubo di scarico.”