Florinda Cambria

sabato 8 maggio 2010
Fabbrica delle Candele, h 22.30

È  possibile pensare il "minoritario" nel senso di ciò che anela alla pienezza, ciò che esperisce la mancanza (il "di meno") e su questo esperire costruisce inediti orientamenti d'azione?
Forse questo esperire è il segreto di ogni vivente ricerca, di ogni vera filo-sofia (la filosofia, si sa, nasce proprio dal sapere di non sapere, dalla consapevolezza di una mancanza fondamentale). I luoghi della minorità, in ogni forma declinata, potrebbero allora incubare oggi i filosofi del domani, forti di una mancanza dimenticata nelle aree satolle del nostro pianeta.

"L'oggettività dei prodotti fa irruzione nel produrre, fa irruzione nella prassi comprendente e ne detrmina la passione: un vero e proprio 'calvario del conoscere' che è, ad un tempo, la condizione della sua efficacia. Questa passione efficace non può essere oggettivata, non può coincidere con alcun significato, non può essere posta a tema dalla comprensione. La ricaduta e la retroazione delle oggettivazioni del comprendere non può essere posta dal comprendere medesimo perché è ciò cui la prassi (anche quella comprendente) è sempre costitutivamente esposta. (...) Se però a quella passione ogni prassi è già sempre esposta dalla retroazione dei suoi strumenti e dalla destinazione dei suoi oggetti, la peculiarità della prassi comprendente è quella di potere compiere una esposizione degli strumenti e una auto-esposizione agli oggetti del suo fare. In altri termini, l'azione con la quale il comprendere può corrispondere alla propria passione è una sorta di ostensione metodologica: esposizione consapevole e progettuale alla potenza deviante delle oggetivazioni, disposizione attiva al patire del proprio senso e al transitare dei propri significati entro prassi imprevedibili e incoercibili. Questa disposizione attiva può divenire effettuale solo a partire dalla reale esposizione degli strumenti utilizzati: dalla estrinsecazione cioè degli oggetti (linguistici, teorici, economici, ecc.) mediante i quali la comprensione lavora. Corrispondere attivamente alla passione del comprendere richiede, insomma, una torsione del comprendere medesimo, che, facendosi responsabile dei propri strumenti, si dispone al responso che altre prassi porteranno sulle sue oggettivazioni. Esercitare una ostensione metodologica vuol dire anzitutto utilizzare gli strumenti materiali del comprendere come se fossero un vero ostensorio: un contenitore trasparente nel quale esporre il corpo della prassi, i segni della passione, le deviazioni pratico-inerziali dell'agire comprendente. In questo senso, la ostensione metodologica richiede alla prassi comprendente di affidarsi alle determinazioni differenziali e alle prospettive parziali di cui è portatrice, senza difenderle e senza rivendicarne la proprietà. (...) Si tratta insomma di disarmare la lotta, o almeno di limitarne la violenza: gesto politico per antonomasia che inevitabilmente implica una torsione del desiderio e nel desiderio".
(da F. Cambria, La materia della storia. Prassi e conoscenza in Jean-Paul Sartre, ETS, Pisa 2009)  

Florinda Cambria è docente di Filosofia ed epistemologia della complessità presso l’Università de L’Aquila. Collabora con le cattedre di Filosofia teoretica e di Propedeutica filosofica presso l’Università degli Studi di Milano. È autrice di numerosi saggi apparsi su riviste specialistiche e di due monografie dedicate al pensiero e all’opera di Antonin Artaud: Corpi all’opera. Teatro e scrittura in Antonin Artaud (Jaca Book, Milano 2001) e Far danzare l’anatomia. Itinerari del corpo simbolico in Antonin Artaud (ETS, Pisa 2007). Ha inoltre tradotto e curato l’edizione italiana di J.-P. Sartre, Critica della Ragione dialettica. Tomo II (L’intelligibilità della storia, Christian Marinotti Edizioni, Milano 2006).