Accademia degli Artefatti
“Kindergarten,
paradiso artificiale con libera visione dall’alto”
di Fabrizio Arcuri e Elio Castellana
con
Miriam Abutori, Paolo Bultrini, Rita Bucchi, Paola Cannizzaro,
Elio Castellana, Nicola Danesi de Luca, Jacopo Fulgi,
Pieraldo Girotto, Valerio Musilli, Tiziana Novelli,
Daniela Preite, Mauro Santoriello, Annalisa Zagara
Responsabile tecnico Diego Labonia
Scene e costumi Rita Bucchi

Ulteriore tappa del Progetto Età Oscura, “Kindergarten, paradiso artificiale con libera visione dall’alto” è la ricostruzione di un giardino-museo in piena rivoluzione archeologica. Non può definirsi né uno spettacolo teatrale, né un’installazione, né una performance perchè di questi ne rifiuta sia i modi che i tempi. Kindergaten propone un mondo segreto da attraversare secondo modi, punti di vista e tempi variabili da spettatore a spettatore. “Kindergarten” è un luogo estremo dell’anima in cui si incrociano il Giardino rinascimentale e barocco, le Wunderkammer tedesche e il Paradiso Terrestre

• Partendo dal giardino all’italiana, dove ogni elemento naturale è plasmato secondo una razionalità tanto ordinatrice quanto bizzarra, “Kindergarten” ne ripropone la concezione strutturale attraverso un percorso prospettico basato sull’equivoco della percezione e una serie di letti/teche disposti come siepi modellate fra le quali si può di volta in volta passeggiare, spiare, ascoltare, riposare, compatire, e studiare la “vera natura” dell’uomo.

• La scansione spaziale e temporale di Kindegarten procede per moto “discenditivo”, per cui si propone un’esplorazione speleologica dell’essere dove ai diversi strati geologici portati alla luce corrispondono stati fisici e temporali della materia e del corpo. Kindergarten si avvale della metodologia dell’estrazione e dell’innesto per cui ogni elemento è in rapporto archeologico e simbiotico con l’altro. Alla complessità di relazione non è data una categorizzazione definitiva: la catalogazione del materiale rinvenuto in questo giardino non conosce un unico punto di fuga, ma sfocia nella follia di una fantasmagorica camera delle meraviglie.

• Al centro della dimensione narrativa di Kindergarten ci sono le figure bibliche dell’origine: Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. I due eccellenti abitatori di giardini sembrano riscattarsi da ogni vincolo morale e da ogni giudizio divino nella loro precaria e inquieta autonomia. Ironicamente, agli spettatori è consegnata una mela: un divertito confronto col senso del peccato.

Si accede in piccoli gruppi, a intervalli regolari, cadenzati dal ritmo invisibile di uno spazio disabitato dall’uomo, che, però, pulsa di vita propria. Un polmone artificiale in funzione che non è più usato da nessuno, da tempo immemorabile.

Kindergarten è uno spazio senza soggetto, lo spettacolo dell’essere abbandonato, l’azione senza risultato. Kindergarten è il teatro recesso a cui si accede da quella porta che, da bambini, avremmo voluto scoprire casualmente dietro un vecchio armadio polveroso in soffitta. Kindergarten è esclusivamente teatro di sé stesso, indifferente e, allo stesso tempo, scrupoloso dello spazio in cui si espande.

La prima impressione è la meraviglia. Di trovare così tanti artefatti, tante memorie dell’umana scienza, tante striature del paesaggio dell’arte, condensati in un tetro monumento della cultura assolutamente privo di ogni presenza umana, sia essa attore, personaggio, mimesi o rappresentazione di sé. Trovarsi all’interno di un fantasma del Mondo e della Storia. Il salone di un antico palazzo, il giardino di una villa rinascimentale con tanto di trompe l’oeil, un museo di storia universale, una biblioteca, un luna park si sovrappongono nel primo ambiente di Kindergarten: libri, fontane, uccelli, divani, specchi, marmi, tendaggi, quadri, lampadari, polvere, scheletri, umidità. Invano si cercherà lo spettacolo, l’azione di qualcos’altro che non sia lo spettacolo del proprio guardare, leggere, ascoltare.

Solo alla fine la tenda svelerà un nuovo mondo che, però, già non appartiene più a quel primo stato di cose. Inizia il gioco degli equivoci. Attraverso gli archi di un pergolato si assiste a qualcosa che si rivelerà un inganno. Corpi che riposano su letti di margherite, sono in attesa, subiscono atroci supplizi. Sembrano degli attori; non sono altro che il nostro futuro: “quello che siete noi eravamo, quello che siamo voi sarete” (si legge nel cimitero dei cappuccini di Roma)

Un cono di luce disperso nell’oscurità di una notte senza luogo. La fine di un centenario, rassicurante guardare. Adesso tocca a voi!

Un improvviso salto emotivo accoglie i visitatori nel secondo ambiente di Kindergarten. L’incertezza del proprio destino drasticamente legato alla posizione del corpo nello spazio. Si subisce in silenzio. Chi disteso su un letto di fiori, chi al capezzale di un altro, chi seduto a fianco di un giaciglio vuoto a comporre l’angoscioso quadretto che gli occhi curiosi del successivo gruppo di visitatori già contempla, attraverso il pergolato, dalla prima stanza. Si sta in ascolto privato di una voce, si guarda un volto, si subisce un’operazione chirurghica in un perfetto stato di costrizione. Non si saprà mai tutto. Ognuno è consapevole che quello che gli viene raccontato costitusce un segreto per gli altri visitatori e che quello che viene raccontato agli altri costituisce un segreto per sé. Forse si tenterà di rendere assoluto ciò che è complementare ma il proprio stare in Kindergarten rimarrà per sempre personale. Nel buio, al di là del cono di luce, una serie di celle oscure disperderanno ulteriormente il disegno e il sogno di visione globale di Kindergarten. Ognuna di esse attende il singolo visitatore. Inutile chiedere: che cosa?

Il museo, la catalogazione, il mausoleo, la calcificazione, la chiusura, la disfatta, il gran finale. Si torna nel giardino originale. Il giardino delle origini costituisce il terzo ambiente di Kindergarten. Un giardino in piena rivoluzione archeologica dove tutto è stato riportato alla luce, dopo di ché ogni organo è stato archiviato, ogni ricordo è stato rimesso al suo posto. Un gabinetto delle meraviglie, tentativo maldestro e approssimativo di classificazione del Mondo. Ma soprattutto memoria dell’essere umani.

Il simulacro del corpo, il corpo del simulacro.

Quel corpo che ha osservato oggetti e spiato altri corpi nella prima stanza, che ha ascoltato e subìto in silenzio nella seconda, ora è qui di fronte ai nostri occhi: disposto in teche di vetro è la testimonianza di carne della nostra esistenza, del nostro dolore, del nostro conoscere. Possiamo passeggiare, conversare, osservare liberamente fra queste siepi-teche-corpi che tracciano i percorsi del nostro eterno vagare, divertiti da tanta simultanea rivelazione. Possiamo studiare la “vera natura dell’uomo”.

Ma non dimentichiamo che quel corpo ora guarda noi, scruta noi, indaga noi. Studia il nostro corpo. Finalmente abbiamo trovato il nostro “unico, vero spettatore”. In questa conclusione sedimentaria, stratificata, memoriale di Kindergarten ci scopriamo soggetto e oggetto della rappresentazione allo stesso tempo. E tutto quello che ci troviamo di fronte è esattamente quello che siamo, siamo stati e che saremo. La “vera natura dell’uomo”.

crisalide 2001